domenica 11 gennaio 2009

trecento



"eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti"


A volte sembra non volerlo credere. Casualità, coincidenze, fatalità. In qualsiasi modo lo si vuol chiamare avviene. Non ti sta mica ad avvisare! Te ne accorgi solo dopo, un attimo dopo.
Come quando tutte le mattine appena ti alzi, nemmeno il primo pensiero e già hai una sigaretta accesa. Poi un giorno vai in bagno, ti lavi, sei vestito, stai per richiudere la porta di casa e ti accorgi che la sigaretta non l'hai ancora accesa. Ti fermi un momento: "forse non le ho?", ti chiedi. Metti le mani in tasca ed hai il tuo pacchetto di sigarette, il fidato pacchetto di sigarette proprio nelle tue tasche.
Non sai cosa pensare, un sorriso viene spontaneo, un incredulo sorriso. Quel pacchetto sarà il tuo ricordo e appena fuori di casa lo regali a chi te ne chiede una.

E così oggi. I trecento mi son passati addosso e solo io so quanto è stato difficile. Ogni giorno, ogni santissimo giorno il mio primo pensiero: "una sigaretta". E così fino a trecento, fino a che mi son fermato ed ho sorriso anche io, un incredulo sorriso e mi sono accorto, a conti fatti, che i trecento eran morti.
Consapevolmente ho smesso, consapevolmente ridesto i giovani pensieri (distratti).
Dio non mi deve più nulla.

"Poichè occorre seppellire chi è morto con cuore fermo e dopo aver pianto per il tempo di un giorno. Ma chi resta per la lotta tremenda si ricordi del bere e del mangiare [...]"
(Iliade, XIX, 228 - 231)

Mio Dio se ho sete, mio Dio se ho fame. E mo: "nun nce scassate 'o cazzo!" (cit.)

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